
CATANIA. “L’uomo vuole la verità dalla poesia, quella verità che egli non ha il potere di esprimere e nella quale si riconosce, verità delusa o attiva che lo aiuti nella determinazione del mondo, a dare un significato alla gioia o al dolore in questa fuga continua di giorni, a stabilire il bene e il male, perché la poesia nasce con l’uomo, e l’uomo nella sua verità non è altro che bene più male”, un pensiero, sempre attuale, espresso da Quasimodo, all’interno del proprio saggio intitolato “L’uomo e la poesia”, per introdurre Silvio Ramat, stimato poeta e critico italiano, protagonista di una gradevole conversazione sul valore contemporaneo dell’arte poetica. “La verità - soggiunge Ramat -, purché s’innalzi in superficie, e la memoria, avente facoltà propulsiva per mezzo della quale si va avanti, senza la quale non si avrebbe genesi, devono essere amiche della poesia che, altrimenti, avrebbe un limite molto forte”.
Quando ha scoperto la passione per la poesia?
“La poesia mi ha preso nell’etere, tra la seconda e la terza liceo. Allora leggevo e amavo molto i crepuscolari, il Pascoli… La poesia, prima non c’era e poi ci fu. Se andrà via temo che non lo capirò nell’attimo dell’abbandono - racconta il letterato”.
Qual è, a suo avviso, la peculiarità dell’essere poeta?
“Il bello del poeta è che può contraddirsi sempre. La poesia non si deve capire allo stesso modo di un articolo o di un resoconto. Sono talmente vanitoso, nei limiti della decenza, che un giorno - aggiunge con spigliatezza -, un amico mi suggerì per gioco di seppellire la nostra peggiore poesia dentro una specie di bara creata di proposito e io, tassativamente, non volli farlo, tanto ero geloso persino di quella che riconoscevo essere la meno bella tra le mie poesie ”.
Quando ha scoperto la passione per la poesia?
“La poesia mi ha preso nell’etere, tra la seconda e la terza liceo. Allora leggevo e amavo molto i crepuscolari, il Pascoli… La poesia, prima non c’era e poi ci fu. Se andrà via temo che non lo capirò nell’attimo dell’abbandono - racconta il letterato”.
Qual è, a suo avviso, la peculiarità dell’essere poeta?
“Il bello del poeta è che può contraddirsi sempre. La poesia non si deve capire allo stesso modo di un articolo o di un resoconto. Sono talmente vanitoso, nei limiti della decenza, che un giorno - aggiunge con spigliatezza -, un amico mi suggerì per gioco di seppellire la nostra peggiore poesia dentro una specie di bara creata di proposito e io, tassativamente, non volli farlo, tanto ero geloso persino di quella che riconoscevo essere la meno bella tra le mie poesie ”.
Nell’epoca inquinata (anche) dalle facili pubblicazioni, in che modo riconosce un vero poeta?
“E’ molto difficile. Sono sommerso. Nel mio studio, in facoltà, ricevo tantissimi libri. Credo, piuttosto, di capire subito quando non c’è un poeta. Le cartine di tornasole sono il riscontro di una cura formale, la modestia degli assunti e la coerenza di un testo”.
Oggigiorno cosa può minacciare la compiutezza di una valutazione critica?
“Nel nostro tempo, senza computer ci si separa dal mondo, seppure, in verità, a volte, non sarebbe poi così male. Il pc è utile ma c’è il rischio che segni la fine degli epistolari e anche delle varianti, ovvero le plurime versioni di un testo, comprese le correzioni apportate, man mano, dall’autore”.
Quando una poesia può dirsi compiuta?
“Si parte da una costellazione e si arriva in un’altra. Ritengo possa dirsi conclusa quando un concetto trova la sua espressione con figuratività icastica”.
“E’ molto difficile. Sono sommerso. Nel mio studio, in facoltà, ricevo tantissimi libri. Credo, piuttosto, di capire subito quando non c’è un poeta. Le cartine di tornasole sono il riscontro di una cura formale, la modestia degli assunti e la coerenza di un testo”.
Oggigiorno cosa può minacciare la compiutezza di una valutazione critica?
“Nel nostro tempo, senza computer ci si separa dal mondo, seppure, in verità, a volte, non sarebbe poi così male. Il pc è utile ma c’è il rischio che segni la fine degli epistolari e anche delle varianti, ovvero le plurime versioni di un testo, comprese le correzioni apportate, man mano, dall’autore”.
Quando una poesia può dirsi compiuta?
“Si parte da una costellazione e si arriva in un’altra. Ritengo possa dirsi conclusa quando un concetto trova la sua espressione con figuratività icastica”.
Grazia Calanna
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